Pedagogia della risonanza

HARTMUT ROSA
Pedagogia della risonanza. Conversazione con Wolfgang Endres
Scholé, Brescia 2020, pp. 192, € 16,00

A CHI SI RIVOLGE
Il testo si rivolge a pedagogisti, sociologi, insegnanti di tutte le discipline in formazione e in servizio; educatori/educatrici; formatori/formatrici; studenti/esse di conservatorio e universitari interessati ai campi della didattica, della sociologia e della pedagogia.

MOTIVI DI INTERESSE
Il libro si presenta come la trascrizione della conversazione tra i due sociologi. Le domande poste da Endres puntano l’attenzione su argomenti sostanziali, “dando il la” alle analitiche e acute risposte di Rosa che, oltre a disaminare le dinamiche sociali, riconcettualizza l’idea di processo formativo e propone una nuova forma di appropriazione (Aneignung) delle conoscenze attraverso la teoria della risonanza. Muovendosi dal significato acustico del termine “re-sonare”: una specifica relazione tra due corpi capaci di oscillare, in cui l’oscillazione dell’uno stimola l’attività autonoma dell’altro, Rosa descrive l’intero processo formativo in termini musicali e collega il fenomeno fisico dell’entrare in vibrazione alla forma di relazione tra il soggetto e il mondo: un processo in cui gli attori vengono (trans)formati significativamente.
Leit-motiv delle domande è: «Come può una lezione rappresentare per lo studente un ritaglio di mondo che lo trasforma?» (p. 61). Rosa non si limita a rinviare al suo libro Accelerazione e alienazione, ma si concentra anche sul piano microsociale: età dell’alienazione; rapporto con il tempo e sua accelerazione; relazioni al tempo degli smartphone e asserisce che la teoria della risonanza è una risposta ai problemi temporali che affliggono le società tardo moderne. Quando «il mondo si pone di fronte al soggetto in una forma rigida, dura, fredda, silente» e «il soggetto si percepisce come pallido, morto, vuoto e muto» (p. 20) bisogna rispondere creando motivazione, consenso e fiducia; instaurando un rapporto di risonanza; sviluppando e facendo emergere relazioni di «autoformazione nella relazione con il mondo» (p. 63).
Questi i principi dai quali si muove il sociologo francofortese Hartmut Rosa. Quello che propone è un vero e proprio cambio di paradigma che abbandona l’idea efficientista e assimilazionista della scuola intesa come «serbatoio di risorse da ottimizzare e di strumenti da implementare» (Fiore, p. 9). La scuola della Pedagogia della Risonanza è invece un ambiente costruito su due assi di risonanza, quello diagonale delle materie, intese come “sfere di azione e di vita”, e quello orizzontale delle relazioni. La resa di una lezione e di un processo formativo dipende dall’attivazione di entrambi gli assi in modo che non si abbia contrapposizione tra relazioni e discipline, ma relazioni attraverso le discipline. Ponendo ai vertici di un triangolo l’insegnante, gli allievi e la materia, l’entrare in vibrazione degli assi di risonanza crea un vero e proprio triangolo virtuoso della risonanza: «L’insegnante raggiunge i suoi allievi, comunica entusiasmo e si lascia nel contempo toccare dalla classe; lo studente è aperto, confida nella sua autoefficacia, si sente accettato; la materia è per tutti un campo di possibilità e di sfide dense di significato» (p. 35). In questo gioco di geometrie e vibrazioni, Rosa prende in esame anche i concetti pedagogici della “cultura dell’errore” e dell’“arte di costruire ponti” di relazione con il mondo attraverso gli stimoli motivazionali e ci porta a comprendere che risonanza e competenza diventano qui termini “dissonanti”. Competenza è disporre in ogni momento di una cosa di cui ci si è riusciti a impossessare e che si è fatta propria. Risonanza, al contrario, è il processo dell’entrare-in-relazione-con, il frutto di un’esperienza in cui il valore è intrinseco. La risonanza ci guida verso una forma di arricchimento e di incremento di competenze prima, e di risorse poi. Insegnanti e studenti, devono lasciarsi accendere dal materiale; generare rapporti responsivi; essere aperti a farsi toccare dalle cose, ma anche capaci di rispondere loro e di contrapporvisi.
Quando i giovani attraversano lo spazio formativo della scuola devono trovarsi in una condizione di curiosità e di ricerca di modalità per accedere ai processi di appropriazione trasformativa del mondo.
Il testo è di notevole interesse, poiché permette sia di confrontarsi con un autore che si muove all’interno di una teoria critica interessata alla società e alla pedagogia, sia di riformulare i processi formativi per mettere a punto la bussola e orientare l’agire pedagogico.
Rosa sembra agganciarsi alle parole dello psicologo Klaus W. Vopel che già nel 1998 scriveva: «Le conoscenze intellettuali che non sono contemporaneamente agganciate al sentimento non conducono quasi mai a cambi di comportamento e di atteggiamento» (K. Vopel Manuale per animatori di gruppo. Teoria e prassi dei giochi di interazione, Elledici, Torino 1991, p. 60).

Simona Gentile