Dall’immaginario all’acustinario

ROBERTO BARBANTI
Dall’immaginario all’acustinario: prolegomeni a un’ecosofia sonora
Galaad Edizioni, Giulianova 2020, pp 232, € 15,00

A CHI SI RIVOLGE
I Soundscape Studies, studi sul paesaggio sonoro, sono una tipologia di contributi al sapere fortemente caratterizzati in senso interdisciplinare, che provengono ormai da tutte le regioni del mondo. A più di quarant’anni dal lancio del World Soundscape Project, grazie in particolare al contributo di musicisti, studiosi e ricercatori riuniti dalla Simon Fraser University di Vancouver, questo nuovo campo della conoscenza è oggi a disposizione di chiunque sia interessato all’integrazione della dimensione acustica e sonora coi temi dell’ecologia contemporanea e dei cambiamenti climatici. Un sapere quindi che, giorno dopo giorno, sta diventando imprescindibile anche per chi si occupa di educazione e formazione musicale, a qualsiasi livello, non fosse altro per l’attenzione che costoro dedicano quotidianamente al suono, materia prima del proprio lavoro, e per l’assoluta centralità della funzione che svolgono per la costruzione del mondo di domani.
In questa direzione si pongono anche gli studi di Roberto Barbanti, professore emerito all’Università Paris 8 in Francia, dove dirige e collabora con gruppi di ricerca che si interessano ai rapporti tra ecologia, ecosofia e dimensione sonora, estetica, arti (in particolare il progetto “Arti ecologie transizioni” condotto nell’ambito dell’équipe di ricerca TEAMeD).

MOTIVI D’INTERESSE
Il libro ha un primo grande pregio che è quello di riunire in un unico tomo quattro contributi importanti dell’autore, che finora era stato possibile recuperare solo separatamente. L’operazione editoriale non si limita però a questo aspetto: con l’occasione infatti Barbanti predispone un’introduzione molto ampia, che raggiunge circa le 100 pagine, che aggiorna e riorganizza la complessità del suo pensiero.
Il libro si apre con una nota preliminare che giustifica il ritardo nella pubblicazione, avvenuto a causa della pandemia da Covid 19, e che coglie proprio questa occasione per rileggere in maniera drammaticamente chiara il quadro pandemico e post pandemico in cui ci veniamo a trovare oggi, avviando riflessioni che verranno poi approfondite nel corso del libro.
Il pensiero ecologico di Barbanti si fonda sul concetto di Ecosofia sonora, per elaborare il quale l’autore fa proprio il concetto di Ecosofia, già proposto dal filosofo francese Felix Guattari, ma recupera anche le radici del pensiero noto come Deep Ecology, elaborato in particolare dal filosofo norvegese Arne Næss. Del primo Barbanti evidenzia la reciprocità strutturale e immanente delle Tre ecologie: ecologia della mente, ecologia sociale ed ecologia ambientale; dal secondo il superamento dell’idea diffusa di un’ecologia di superficie, che in fondo non ripropone altro se non una strumentalizzazione del mondo naturale in funzione degli interessi esclusivi del genere umano. Una natura con cui, al contrario, occorrerebbe entrare in una nuova relazione di continuità ontologica, riconoscendo come fondante il valore della co-evoluzione di viventi tra viventi.
Il termine “ecosofia” deriva da oikos, casa, la nostra dimora comune, e da sophia, sapienza, saggezza, anche nel senso di cura. Come l’ecosofia, anche l’ecosofia sonora sviluppa la propria analisi a partire dalla presa d’atto della profonda crisi in cui si trova il sistema ecologico del pianeta, il cui risultato è ritenuto ormai pericoloso e mortifero per il genere umano e rispetto al quale il tempo per un’azione di radicale cambiamento non è più procrastinabile, ma è adesso.
L’ecosofia sonora si distingue anche per alcuni strumenti che le sono propri, il primo dei quali, riguarda il superamento della dominanza del paradigma retinico su quello acustico e più in generale polisensoriale, a favore della rivalutazione del paradigma dell’ascolto, che definisce una modalità di esistenza fondata sul sentire, che accomuna sensibilità che oltrepassano l’umano stesso.
Qui entra in gioco il temine acustinario, neologismo con cui l’autore intende proporre una transizione ecologica e insieme sonora di quell’immaginario comune che risulta essere un rivelatore profondo dei processi cognitivi collettivi in atto nella nostra società e della complessità nella costruzione dei processi di appartenenza.
La tesi che sottende l’intera riflessione di Barbanti è che la dominanza assoluta del visivo, con la sua crescita esponenziale avvenuta negli ultimi due secoli, abbia influito nella creazione di un immaginario sociale oculocentrico, che ha favorito l’affermarsi di una percezione dell’abitare il pianeta sempre più sorda e irresponsabile verso la biosfera, contribuendo in modo determinante allo sviluppo di un sapere monolitico e monodimensionale che genera separatezza e disgiunzione, semplificazione e linearità dei processi. In opposizione a questa tendenza globale, antropocentrica e autodistruttiva, Barbanti propone la possibilità di riportare il mondo all’interno dello spazio di vita, il nostro tempio – “Témenos” – il “recinto sacro”, per imparare nuovamente ad ascoltarlo e contemplarlo.
Un testo profondo, ma non difficile, antidoto a tanti mali del tempo, che forse può aiutare a ricollocare il senso della propria presenza.

Maurizio Vitali