Archivio dei bambini perduti

VALERIA LUISELLI
Archivio dei bambini perduti
La Nuova Frontiera, Roma 2019, pp 448, € 20,00

A CHI SI RIVOLGE
Questo insolito romanzo si rivolge a chiunque ami leggere e sia incuriosito dalla ricerca di nuove forme di narrazione. Può interessare particolarmente, sia per il contenuto che per la scrittura, chi si occupa di musica e, più in generale, di ricerca sonora; ma anche chi si occupa di problematiche sociali. È una lettura particolarmente utile per accompagnare questo numero della rivista dedicato al Risonorizzare la scuola, ma anche la società tutta.

MOTIVI DI INTERESSE
Nel romanzo si descrive il viaggio attraverso gli Stati Uniti (da NewYork all’Arizona) di una coppia con i rispettivi figli: un bambino di dieci anni, figlio dell’uomo e una bambina di cinque anni, figlia della donna.
Come spesso accade il viaggio si legge su più livelli e risponde a diverse esigenze.
Il motivo esplicitato è relativo al loro lavoro: entrambi si occupano di ricerche di suoni e proprio nel corso di un lavoro di squadra per la registrazione di un paesaggio sonoro di New York, volto a individuarne le impronte sonore e le toniche, ha avuto inizio la loro relazione, sfociata poi nel matrimonio. Ora lavorano a progetti diversi. L’uomo vuole percorrere il luogo dove l’ultima banda di Apache si è arresa all’esercito americano; vuole raccogliere le sonorità che hanno fatto da sfondo a queste vicende e cercare gli echi delle loro voci e delle loro storie. La donna si occupa di bambini migranti che scappano dal Messico e attraversano da soli il confine; in tribunale traduce i loro interrogatori (cosa che Valeria Luiselli fa anche nella realtà) e vuole vedere di persona i loro percorsi e le loro difficoltà, incontrare le loro voci e i suoni delle loro paure e, spesso, delle loro morti.
I suoni sono quindi al centro, vengono cercati, ascoltati, registrati, analizzati e archiviati. Il tutto con una forma narrativa molto particolare che presenta i punti di vista e di ascolto dei quattro personaggi. Ognuno ha portato nel viaggio delle scatole il cui contenuto ci viene elencato in modo dettagliato ed entrerà in gioco nella narrazione. Gli adulti le hanno riempite con i loro libri di riferimento, una vera e propria bibliografia: si va dalla saggistica (ovviamente non può mancare Il paesaggio sonoro di Murray Schafer), alla narrativa e alla poesia; ma anche con documenti storici, articoli di giornale, loro appunti e riflessioni, partiture, nastri registrati da ascoltare. Il bambino e la bambina hanno voluto lasciare vuote le loro scatole per riempirle strada facendo, il primo, con foto polaroid che imparerà a scattare (e che ci vengono mostrate), la seconda, con degli echi (echi dell’auto, echi di insetti, echi del cibo, echi di foglie, echi del treno, echi del deserto ecc.) che vengono descritti con fonemi e parole.
Il viaggio, come sempre accade, ha ovviamente anche altre motivazioni: riflettere sulla loro situazione e sulla possibilità o meno di continuare a vivere insieme; capire chi sono e che vita vogliono vivere; cercare sicurezze e risposte; ridisegnare relazioni; conoscere realtà sociali e prendere posizione su ciò che accade…
Soprattutto, ed è ciò che maggiormente ci interessa in questo numero della rivista, trovare modi diversi di leggere e raccontare la realtà, imparare a dare vita a nuove forme di narrazione, anche prendendo spunto da ciò che avviene nelle relazioni tra i suoni.
Ma credo che il modo migliore per descrivere questo aspetto sia lasciare le parole all’autrice: «Mi viene da pensare che forse, rovistando nelle scatole di mio marito in questa maniera, di tanto in tanto, mentre lui non vede, e cercando di ascoltare i suoni intrappolati nel suo archivio, potrei trovare una via d’accesso alla vera storia che voglio documentare, alla forma esatta di cui ha bisogno il racconto. Immagino che un archivio ti metta a disposizione una sorta di vallata in cui i tuoi pensieri possono rimbalzare e tornare da te, trasformati. Sussurri, intuizioni e pensieri al vuoto, nella speranza di udire qualcosa in risposta. E a volte, soltanto a volte, un’eco ritorna, in effetti, un riverbero vero e proprio, qualcosa che rimbalza con chiarezza quando hai finalmente azzeccato il tono giusto e trovato la giusta superficie» (p. 55).

Mariateresa Lietti