La scimmia batte il tempo

HENKJAN HONING
La scimmia batte il tempo
Carocci editore, Roma 2020, pp. 163, € 14,00

A CHI SI RIVOLGE
Lettura interessante per coloro che intendono immergersi in modo insolito e specialistico nelle prospettive scientifiche sulle radici biologiche della cognizione musicale.

MOTIVI DI INTERESSE
Si tratta di un volumetto originale che conduce nella quotidianità professionale di uno studioso coinvolto in un’affascinante ricerca: individuare le linee filogenetiche che legano la musicalità umana a quella di altri animali. L’abilità musicale è qui intesa nella sua accezione essenziale, basata sulla capacità di percezione della regolarità ritmica, già individuata nei neonati della nostra specie, e sulla percezione strutturale delle altezze.
Articolato in forma diaristica, il libro offre uno spaccato su come concretamente la scienza proceda, soprattutto in assenza di un paradigma corroborato: dall’elaborazione di una ipotesi al suo trasformarsi in una seducente e pervasiva ossessione, motore – in questo caso – di un complesso itinerario di tre anni di studi fra laboratori di ricerca sulla percezione e cognizione animale, tecniche sperimentali (più o meno invasive), ideazione di esperimenti, falsificazioni di ipotesi, visioni interdisciplinari, contaminazioni di paradigmi, incontri fortunati (con animali umani e, soprattutto, non umani, coprotagonisti della storia).
La narrazione dell’avventura scientifica alterna riferimenti agli studi più rilevanti sulle tappe evolutive della musicalità degli animali (uomini, macachi, scimpanzè, carpe koi, trichechi, pappagalli, parrocchetti…) e “leggere” descrizioni degli eventi alla base della reale progressione della conoscenza. Come sottolinea lo stesso Honing si tratta di un «un libro sulla scienza, ma non di un’opera scientifica» (p. 18).
La cornice teoretica non è quindi esposta in maniera organica, o manualistica, ma costituisce un discreto contrappunto alla voce narrativa, rimanendo sempre identificabile per gli studiosi grazie ai rimandi bibliografici. Il lettore meno esperto può comunque trovare un utile riepilogo dei paradigmi scientifici a conclusione del volume (consigliato anche come lettura introduttiva).
L’ipotesi investigativa dell’autore, la sua seducente ossessione, riprende l’affascinante tesi darwiniana per cui tutti i vertebrati percepirebbero e apprezzerebbero il ritmo e la melodia a causa di un assimilabile sistema nervoso.
Due sono le linee principali di studio seguite da Honing. Da un lato, la prospettiva di Darwin viene ridimensionata evidenziando come il fattore essenziale per il riconoscimento delle regolarità ritmica (fulcro di gran parte dell’itinerario sperimentale) non sia un assimilabile sistema nervoso, ma il possesso di specifiche reti neurali audiomotorie, generatesi gradualmente nell’evoluzione “solo” fra 5 e 10 milioni di anni fa. Tali peculiarità sarebbero in possesso, ad esempio, di alcune grandi scimmie, da cui il titolo del volume. Da un altro lato, una rilevanza fondamentale per lo sviluppo evolutivo della musicalità può essere rinvenuta nelle possibilità di apprendimento audio-vocale di alcune specie, ovvero nella capacità di produrre e decifrare suoni articolati. Questa caratteristica è detenuta in comune dagli uomini e da alcuni tipi di uccelli (diamantini, cacatua, parrocchetti). Complessivamente viene quindi individuata una duplice linea evolutiva della musicalità umana.
Rincresce notare che la comprensione dei passi più scientifici è resa talvolta faticosa da frequenti improprietà nella traduzione dei termini musicali che possono generare anche grossolani fraintendimenti nei lettori più lontani dagli studi di settore in lingua inglese. Purtroppo si tratta di un limite non raro nelle pubblicazioni assimilabili edite nella nostra lingua.

Lara Corbacchini