Giochi d’orchestra

SIMONE GENUINI
Giochi d’orchestra. Esercizi per suonare insieme
Curci, Milano 2021, pp. 168, € 25,00

A CHI SI RIVOLGE
Il libro introduce novità e utili suggerimenti per i docenti che operano in diversi contesti di musica d’insieme e orchestrali.

MOTIVI DI INTERESSE
Giochi d’orchestra, è suddiviso in quattro capitoli dedicati ad argomenti specifici quali l’organizzazione dello spazio e la geografia orchestrale, la gestione della pulsazione in orchestra, il respiro del suono e la dimensione orizzontale e verticale della musica orchestrale.
Il volume è corredato da esempi scritti, la maggior parte dei quali documentati con videoclip visionabili nei contenuti digitali.
All’interno di quest’articolazione illustriamo alcuni tratti più specifici.
L’autore affronta innanzitutto il problema dell’organizzazione dello spazio sonoro. Per favorire l’ascolto, l’osservazione e lo scambio verbale e corporeo si propone di cambiare la disposizione spaziale dell’orchestra, invitando per esempio gli studenti a disporsi frontalmente in cerchio, in file appartenenti a diverse famiglie di strumenti o a disporsi seduti in ordine casuale; in alternativa, l’autore suggerisce, come ulteriore possibilità, quella di stare in piedi compiendo spostamenti laterali o oscillando il bacino in avanti o indietro.
Un’efficace strategia, già consolidata anche in altri contesti per facilitare l’apprendimento ritmico, è quella di proporre la scansione di testi sillabici e attività di body percussion. Qui l’autore fa bene a precisare che la gestione del ritmo va rapportata anche alle diverse caratteristiche degli strumenti (ad esempio per gli strumenti ad arco è determinante l’organizzazione delle arcate e per gli strumenti a fiato la gestione del fiato).
Nel volume viene inoltre riservata una particolare attenzione alla necessità di acquisire la capacità di condividere un respiro comune, per percepirsi insieme e per facilitare l’attacco simultaneo di tutti; a tale scopo vengono proposti molti esercizi in cui non solo il direttore, ma gli stessi ragazzi a turno e a occhi chiusi, attraverso la loro personale esperienza di respiro, comunicano agli altri il proprio attacco con diverse sfumature dinamiche o di durata del suono.
Un’ulteriore efficace proposta è quella di far suonare gli studenti non necessariamente attraverso lo spartito: il direttore propone dei frammenti ritmici o melodici con la voce, e l’orchestra li ripete per imitazione: un modo per portare gli studenti a focalizzare l’attenzione sull’ascolto e sulle diverse modalità di produzione del suono.
Genuini sottolinea poi che per dare più senso musicale a ciò che si suona è necessario che il gesto di produzione sia completato con l’aggiunta di un movimento corporeo come l’oscillazione del tronco, del bacino o del capo.
Viene indagata inoltre la possibilità di introdurre in un’orchestra delle attività di ear training per sviluppare la sensibilità armonica e accrescere il controllo sull’intonazione.
Nel corso dei diversi capitoli troviamo ordinati alcuni suggerimenti e informazioni utili al docente riguardanti il funzionamento degli strumenti: quali sono i registri comodi in riferimento alle articolazioni, quali le caratteristiche specifiche e diverse delle emissioni strumentali, quali le qualità timbriche nei diversi registri e le problematiche relative alle tonalità migliori da utilizzare nello svolgimento degli esercizi.
Sono tanti, e di interesse, gli stimoli che l’autore ci propone, benché molte delle proposte operative suggerite, offrano agli studenti, a nostro avviso, delle esperienze musicalmente non altrettanto interessanti: in molti casi la proposta si arresta all’esecuzione di note singole ribattute con articolazioni differenti, all’esecuzione di note lunghe, di piccoli incisi costruiti su tonica e dominante, di sovrapposizioni a canone delle scale.
In effetti Genuini precisa che «Si tratta di spunti operativi, scaturiti dalla constatazione di come il far musica insieme sia un efficace strumento per accrescere il potenziale comunicativo ed espressivo dei ragazzi» (p. 12), ma la domanda che è utile porsi è come offrire in ogni occasione nuove opportunità per accrescere il potenziale comunicativo ed espressivo dei ragazzi.
Per questo è auspicabile che l’approccio didattico possa prevedere anche l’offerta ai ragazzi (compresi i più piccoli) di situazioni musicali interessanti, che possano sollecitare in loro la capacità di dare un senso a ciò che suonano, di interpretare, stimolando la loro creatività e la loro immaginazione.
Riteniamo infatti opportunità molto formativa anche con le orchestre più giovani quella di proporre da subito repertori d’autore, magari trascritti o in parte adattati ai diversi contesti, con particolare attenzione alla loro qualità, alla varietà di elementi musicali in essi contenuti, alla loro forza e pregnanza espressiva.
Il libro, pur sottolineando l’importanza di favorire la comprensione analitica di un brano, ci sembra non affronti in modo sufficientemente approfondito esperienze di ascolto/analisi finalizzate allo studio dei brani stessi, insieme ai relativi percorsi metodologici (per inciso vorremmo dire che le sinfonie di Beethoven e di Mozart citate sono probabilmente non sempre adeguate alle competenze strumentali della maggior parte delle realtà di orchestre di principianti.
È infatti dall’approfondimento analitico e dallo studio dei brani che possono essere evidenziate le diverse problematiche che per altro l’autore riconosce, come quelle fondamentali e bisognose di essere messe a fuoco con precisione: quelle inerenti il ritmo, l’articolazione, l’importanza del respiro comune, dell’attacco ecc.: Come facciamo a risolvere questo attacco? Come possiamo respirare insieme? Come possiamo ottenere questo tipo di staccato?
Tali problematiche esecutive, quando rilevate nel corso di un’indagine analitica in modo da motivarne e condividerne il risultato, verrebbero così introdotte in stretto collegamento con le urgenze espressive per dare senso a ciò che si suona, interpretando. Introdurre da subito l’esigenza di creare senso musicale: ci sembra questo il modo per evitare il rischio che l’esperienza musicale si riduca a “esercizio” fine a sé stesso.
Vorremmo accennare infine ad alcuni aspetti di interesse che, benché non previsti nelle intenzioni dell’autore, potrebbero suggerire idee per una prosecuzione del lavoro.
Si tratta di esperienze relative allo sviluppo della creatività e riguardanti il coinvolgimento del corpo in funzione espressiva.
Per quanto riguarda l’esperienza creativa, vorremmo suggerire l’introduzione di momenti in cui si suona senza spartito, costruendo attività di carattere improvvisativo sollecitate, per esempio, da proposte d’ascolto in cui alcuni principi costruttivi o texture sonore emergano alla percezione con particolare evidenza (spesso è nell’ambito della musica contemporanea che si possono trovare delle composizioni capaci di stimolare questo tipo di esperienze).
Infine, per quanto riguarda il coinvolgimento del corpo, sarebbe nuova e stimolante la possibilità di proporne l’esplorazione attraverso attività in grado di indagarne subito anche le potenzialità espressive. Non si tratta naturalmente di “far danzare” i giovani orchestrali, ma piuttosto di cercare nuove modalità che fungano da supporto e arricchimento all’analisi e alla ricerca interpretativa dei brani musicali che si studiano.

Gabrielangela Spaggiari