Costruire con i suoni

RICCIARDA BELGIOJOSO
Costruire con i Suoni,
FrancoAngeli, Milano 2009, € 18,00

A CHI SI RIVOLGE
Il piccolo volume di 133 pagine (compatto, quanto denso e ricco di spunti di riflessione) si colloca a cavallo tra studi propri dell’urbanistica e di una sonologia affrontata in chiave tanto artistica e quanto fenomenologica. Ne risulta una prospettiva d’indagine al concetto di acustica non certo ridotta a materia di calcolo appannaggio della fisica, bensì ricca di implicazioni che interessano in senso lato i processi di antropizzazione del territorio osservati attraverso la lente acustica. Tema, quindi, che caro tanto a compositori che amino “scolpire il suono”, quanto a studiosi del fenomeno sonoro colto soprattutto nelle sue valenze educative e sociali.

MOTIVI D’INTERESSE
Costruire con i suoni è un testo del 2009 che mantiene intatta la freschezza di una proposta di analisi del rapporto con il mondo dei suoni urbani considerato affatto passivo, anzi dinamicamente attivo anche grazie alle “pratiche estetiche” che vi possono nascere. Una prospettiva quindi, appunto, decisamente ‘costruttiva’. Non è dunque un caso se il testo invita alla lettura di ciascun capitolo ponendo in esergo – tra le tante che punteggiano il volume – alcune fondamentali citazioni con richiamo esplicito all’eclettico John Cage, al filosofo Jacques Attali, al compositore Edgar Varèse e quindi al futurista Luigi Russolo. Riferimenti ai quali (e non poteva essere diversamente) si affiancherà quello all’indiscusso padre del “paesaggio sonoro”: R. Murray Schafer.
Costruire con suoni dipana dunque la propria proposta di analisi, anche mediante questi riferimenti, ripercorrendo una pluralità di tappe storiche fondamentali; gran parte delle quali entrate a ragione nella letteratura dell’educazione e della didattica musicali. Un approccio decisamente interdisciplinare, come sarebbe auspicabile (sempre e comunque) immaginare, per tutto ciò che concerne  il suono quale esperienza umana anche nella sua dimensione sociale.
Articolata in quattro capitoli, la prima parte del saggio è dedicata ai “Suoni della città messi in musica”. In questa sezione sono considerati aspetti che interessano lo stesso concetto di musica a partire dalla nozione di suono cui fanno da contraltare i suoi potenziali antagonisti concettuali quali-quantitativi: il silenzio e il rumore. Una premessa importante per provare a fare tesoro dell’eredità storica del Novecento, nel corso della quale troppe cose sono successe a livello fenomenologico, e che segnano il suono nel passaggio da una “immanenza ideale” (mediata dalla notazione/scrittura di alcuni aspetti parametrici) a una “immanenza materiale”, grazie i nuovi sistemi di cattura e “fissaggio” del suono concreto su diversi tipi di supporto. Aspetti che oggi, ai nativi analogico-digitali, possono apparire non degni di nota, ma che al contrario hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione copernicana nella dimensione dell’ascolto nell’epoca della sua riproducibilità.
La seconda parte, “Gli spazi urbani risuonano”, è particolarmente ricca nel suo essere attenta alla possibile valorizzazione del suono quale materia viva che occupa lo spazio. Illuminante esempio d’intervento portato dall’autrice è Traffic Mantra, un’installazione realizzata nel 1991 a Roma dal duo O + A, una coppia di artisti intenta a catturare e “filtrare” suoni/rumori d’ambiente (mediante una mirata microfonazione e amplificazione) sfruttando le caratteristiche acustiche naturali di tubi e “vasi risonatori”, valorizzando così le componenti armoniche derivanti dall’incontro tra suoni e spazi risonatori (p. 70; http://www.o-a.info/rome). L’ultimo capitolo di questa seconda parte, “Percorsi sonori” (p. 93), si apre con una citazione di Paul Valéry che ricorda al lettore la cantabilità degli spazi urbani. Le passeggiate sonore (soundwalks) costituiscono così un invito alla scoperta delle meraviglie architettoniche, di cui abbonda l’Italia, anche mediante (per dirla con Marius Schneider) le “pietre che cantano”.
L’autrice prosegue quindi il suo percorso scorrendo in rassegna interventi che invitano a uscire dalla passività dell’ascolto, per quanto selettivo rispetto ai suoi “luoghi”. Interventi “attivi” sui paesaggi sonori, dunque, che mirano a lasciare un segno artistico riantropizzando a livello sonoro quanto già distrattamente acusticamente antropizzato. Una sfida che parte da lontano nel tempo, se si pensa ai cori battenti e all’effetto “stereo” ottenuto sfruttando le caratteristiche acustiche delle navate di alcune chiese, ma che nel corso del Novecento ha assunto nuove connotazioni culturali ed estetiche: a partire dai futuristi (in particolare da Russolo) o, in altra direzione, da Erik Satie (con la sua musique d’ameublement), e proseguita poi con le esperienze delle avanguardie storiche. Tra quelle degli anni ’60, infatti, l’autrice ricorda Listen, del percussionista Max Neuhaus, che non a caso di sé scriveva: «Sono uno scultore. Scolpisco lo spazio con il suono» (p. 85).
La terza parte vede tre capitoli dedicati a “Costruire con i suoni”. Una parte di taglio più “architettonico”, ma nella quale il suono mantiene la sua centralità quale elemento costituito fondato su categorie fondamentali quali quelle di “architettura uditiva” e di “identità sonora” degli spazi collettivi. Categorie purtroppo assai ignorate da chi progetta e costruisce edifici scolastici.
Nell’anno internazionale del suono indicato dall’Unesco per il 2020/2021, il libro rappresenta un invito pressante da estendere a tutti i “costruttori di pace uditiva”, soprattutto a educatori-didatti sensibili alla materia sonora, per proseguire nel cammino tutt’altro che concluso della presa di coscienza piena del nostro essere, umanamente e socialmente, animali sonori e musicali.

Roberto Neulichedl