Canzoni a matita

COLLETTIVO QB
Canzoni a matita. Idee per giocare con la voce
qbQuantobasta, Bologna 2019, pp. 42, con CD, € 12,00

Intervista a Franca Mazzoli di Roberto Neulichedl

Domande a matita…

RN: Prima di entrare nel merito dei contenuti una domanda sorge spontanea: come mai nell’era dell’eternamente connessi, del Web, dell’USB ecc., QB punta sulla scelta del CD quale supporto audio? Una scelta curiosamente dal sapore ormai un po’ vintage

FM: Fin dall’uscita della nostra prima auto-produzione Musica da cameretta, abbiamo discusso molto sull’opportunità di stampare dei CD: non ci piaceva l’idea di aggiungere plastica nel futuro dei bambini per veicolare poche tracce audio, anche se alla fine ci siamo adeguati a una richiesta del mercato. Passati alcuni anni, stiamo già pensando di sostituire il CD di Canzoni a matita alla prima ristampa, con un QR code per scaricare online le tracce. Questa scelta sarà possibile grazie alla richiesta esplicita di alcuni genitori: il CD non è più un supporto alla portata di tutti e rischia davvero di essere una scelta un po’ troppo di nicchia.

RN: Da QB a QR il passo sembra in effetti breve, visto lo scarto di lettera! Per stare quindi alle assonanze, Canzoni a matita è anzitutto (o anche, a seconda dell’importanza che si intende dare alla dimensione audio) un bel libretto illustrato. In questo caso, se così si può dire, nasce prima l’uovo (il suono) o la gallina (la grafica, le parole, altro)?

FM: A lavoro musicale quasi terminato, quando l’illustratore ci ha proposto immagini a matita, abbiamo trovato una forte sintonia tra questa scelta grafica e la filosofia che aveva guidato l’ideazione delle filastrocche e dei canti che sono soprattutto degli spunti musicali, più o meno strutturati, che vogliono essere rielaborabili in modo personale da chi li ascolta.

La loro ideazione è comunque partita dal suono: la qualità sonora di alcune parole ha suggerito un ritmo o una filastrocca, il timbro di uno strumento ha orientato testo e svolgimento compositivo di una canzone, la variazione di un suono corporeo come lo starnuto si è prestata a un gioco musicale divertente. Il sorriso è infatti lo sfondo unificante di tutte le composizioni del Collettivo QB: ci piace l’idea che attraverso il gioco musicale bambini e adulti possano divertirsi e utilizzare lo scherzo e la variazione come possibili forme di condivisione ed elaborazione. Naturalmente siamo noi per primi a divertirci quando lavoriamo insieme, anche se non mancano divergenze e momenti di discussione.

RN: Canzoni a matita è l’ultima di una felice serie di “invenzioni” del Collettivo QB. Come nascono idee di questo tipo? E quale gestazione comportano?

FM: Il nostro lavoro deve molto a una lunga pratica di ascolto dei bambini – dei loro canti abituali, delle lallazioni e delle invenzioni che caratterizzano l’apprendimento linguistico e musicale – che si integra con l’ascolto dei repertori musicali che ciascuno di noi predilige.

I tre progetti editoriali realizzati fino a oggi hanno seguito percorsi di ideazione diversi: con il primo, Musica da cameretta, volevamo affermare soprattutto la continuità dell’esperienza vocale nei bambini, quindi siamo partiti giocando con i suoni della voce, scegliendo quelli ronzanti (i suoni sbzz) per costruire filastrocche e canti su api e moscerini che avessero suggestioni narrative e musicali create a partire dall’esplorazione sonora di oggetti spesso utilizzati con i piccoli (ovetti, tappi, un caxixi).

Con Papparappa abbiamo invece ipotizzato un percorso di crescita in musica, individuando alcuni temi ricorrenti: pappa, nanna, bagnetto, gattonamento, primi passi, da sviluppare nelle loro caratteristiche musicali.

Infine, volendo dare più spazio a una gamma timbrica strumentale ampia, abbiamo lavorato a Canzoni a matita in collaborazione con musicisti esterni al Collettivo che ci hanno permesso di offrire ai bambini molti strumenti poco presenti nel loro immaginario musicale, come il bassotuba, o la kora, il charango o l’ocarina.

A proposito della gestazione del nostro lavoro credo di poter affermare due elementi che sempre l’hanno caratterizzato: i tempi lenti (quasi biblici) con cui procediamo, dovuti a una certa pignoleria o precisione rispetto al risultato musicale che vogliamo ottenere, e la dinamica conflittuale tra la pedagogista che vuole sempre togliere qualcosa agli arrangiamenti, per renderli essenziali e i musicisti che soffrono a dover rinunciare a qualcosa che renderebbe più ricco l’arrangiamento.

Fino a oggi siamo comunque riusciti a trovare un punto di equilibrio tra i diversi punti di vista, anche perché l’obiettivo non è un sound uniforme omogeneo, ma piuttosto un’essenzialità musicale che si offra all’ascolto dei bambini in forme e modi differenti.

RN: A proposito di sound, Canzoni a matita guarda da un lato alle musiche della tradizione orale (ad esempio anche nella scelta di alcuni strumenti acustici, appunto, caratteristici del folklore del mondo). Dall’altro lato l’opera si propone a livello testuale inventando nuovi mondi poetici, quindi senza fare ricorso al vasto repertorio da cui può attingere la tradizione del canto infantile (penso alla raccolta Canti per giocare di Goitre e Seritti, di recentissima ristampata anastatica). Si tratta di solito, nel folklore, di canti in cui si sedimentano, cristallizzano e stratificano secoli di “saggezza” filtrata dal mondo della parola che si fa suono. Una parola talvolta nemmeno tanto “infantile” se, come in molte ninne nanne, il testo si fa talvolta carico di sofferenza liberata nel canto da madri o nonne che lamentano la propria condizione di donne (in Canti popolari italiani Roberto Leydi parla addirittura, musicalmente, di «lamenti anche disperati»). 

In che modo è dunque possibile stare nei solchi della tradizione e per contro innovare, senza correre il rischio di vanificare il portato e la funzione socioculturale e pedagogica del canto di tradizione solitamente destinato all’infanzia?

FM: Nei testi e nelle strutture musicali dei canti cerchiamo sempre di rivolgerci alla coppia bambino/adulto che ascolta e canta insieme, vivendo un’esperienza significativa.

Alcuni elementi di canti e filastrocche (come la ripetizione e la variazione delle sillabe, la presenza delle onomatopee) si rivolgono direttamente ai bambini, sollecitando la loro diretta partecipazione, mentre altri tengono conto del vissuto dei genitori, alludendo spesso in modo affettuosamente ironico al loro ruolo educativo. Le diverse provenienze geografiche del gruppo (Giovanna, Cristian e Franca sono nati in provincia di Bologna, Laura a Catania e Marta a Grottaglie) sono certamente un retroterra molto ricco al quale possiamo attingere, mettendo insieme e mescolando i ricordi musicali personali. Molte strutture della musica popolare sono facilmente riconoscibili nei nostri canti, ma per quanto riguarda i testi abbiamo scelto la leggerezza e l’ironia come chiave di lettura della realtà e non abbiamo la pretesa di risultare saggi. In questo ci discostiamo dalla tradizione orale dei canti popolari italiani. Forse anche per la quantità dei messaggi culturali che oggi si rivolgono direttamente a genitori e bambini, preferiamo proporre testi a matita che ogni partecipante può completare come meglio crede: anche La pecora Kora che affronta il tema del dialogo interculturale si conclude con una domanda che rimane in sospeso.

Crediamo che questo modo di proporre la musica possa avere oggi una funzione pedagogica importante perché ridimensiona il valore della performance e autorizza chi ascolta a rielaborare in modo personale i canti e le filastrocche, riavvicinandosi così a quella musica popolare che poteva essere facilmente cantata da tutti. In questa logica va anche l’utilizzo di strumenti acustici e la semplicità degli arrangiamenti.

RN: Nell’introduzione si legge che «Le competenze verbali e musicali sono strettamente interconnesse e possono essere entrambe alimentate attraverso la possibilità di continuare a giocare con la propria voce all’interno di una relazione significativa». In effetti le canzoni proposte (da Brividi in Brodo a La zanzara zoppa, solo per citarne due) spaziano spensieratamente tra suoni onomatopeici, ma senza mai scivolare nella negazione a priori di una testualità che si apre al senso verbale. Cosa che, invece (forse discutibilmente), connota i materiali del cosiddetto metodo Gordon, deprivati della parola quale elemento portatore di senso. Dove si colloca dunque per il Collettivo questa scelta di confine: a cavallo tra una parola volutamente veicolatrice di senso (non necessariamente musicale) e il gusto di un’allitterazione che gioca ritmicamente e melodicamente magari solo con se stessa e con le proprie assonanze, anche sinestesiche?

FM: Il gusto per la musicalità della voce è certamente un elemento dominante nel lavoro del Collettivo QB: motivo di divertimento e di variazione continua durante la fase ideativa che spesso porta all’invenzione di nuovi giochi di parole e di ritmi.

E dato che le filastrocche, gli scioglilingua, i ritmi e i brevi testi si rivolgono anche ai bambini che stanno imparando a parlare, ci piace dare un messaggio di unitarietà tra giochi con le sillabe, le parole in libertà e brevi narrazioni: queste frasi, oltre a orientare i piccoli alle prime forme di ascolto testuale, aiutano gli adulti a riconoscere la ricchezza di un’esplorazione che non separa le varie possibilità espressive della voce, ma invece le collega, indicando la possibilità di rendere più musicale la comunicazione verbale.

RN: QB, preme ricordarlo, non è solo un progetto editoriale ma un insieme di idee e progetti che hanno trovato casa in un affascinate luogo fisico (in Via Gianguido Borghese, 9 a Bologna) che merita più che una visita. E uno spazio di intersoggettività in cui, attraverso il suono, le idee prendono vita in dinamiche esperienziali e comunicative a vario livello.  

FM: Un elemento importante nel lavoro musicale del Collettivo QB è il rapporto con gli ascoltatori che si stabilisce in occasione delle esecuzioni live, o anche attraverso i filmati o i messaggi audio che spesso i genitori ci mandano per farci conoscere come utilizzano le tracce.

In entrambi i casi possiamo verificare come la stessa proposta possa assumere significati diversi ed essere sviluppata in direzioni differenti a seconda del punto di vista di chi ascolta, dell’età del bambino, dei gusti musicali degli adulti e di molte altre variabili.

Anche per questo, nelle esecuzioni dal vivo cerchiamo soprattutto di creare un clima relazionale positivo che consenta a tutti di giocare insieme con i suoni attraverso la voce, il corpo, i gesti. Ed è confortante notare che, anche in assenza di indicazioni particolari, piccoli e grandi partecipano non solo cantando, ma anche rispondendo agli spunti di rielaborazione e variazione che vengono proposti in modo spontaneo, con un divertimento che crediamo possa garantire anche in seguito, a casa, uno sviluppo del gioco musicale con i bambini.

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