Bob Dylan, pioggia e veleno

ALESSANDRO PORTELLI
Bob Dylan, pioggia e veleno. “Hard Rain”, una ballata fra tradizione e modernità
Donzelli Editore, Roma 2018, pp. 178, € 18,00

A CHI SI RIVOLGE
Destinatario del volume è il pubblico generico, ma per le sue caratteristiche intrinseche il testo può essere utilizzato sia in ambito di approfondimento della storia della musica (popolare), sia più in generale in quello della storia (della storia della cultura, della storia delle tradizioni eccetera).

MOTIVI DI INTERESSE
A hard rain’s a-gonna fall è una delle canzoni (ballate sarebbe il termine più corretto ma, nell’ambito della cultura pop, la dizione più generica non è fuori luogo) più note di Bob Dylan. Non una delle più praticate, per le sue oggettive difficoltà: la sua lunghezza e – soprattutto – la sua letterarietà. Proprio per questo, però, è uno dei titoli che sono maggiormente valsi al suo autore per ottenere il Premio Nobel per la letteratura.
È, quindi, un “caso di studio” quasi perfetto per ripercorrere i meccanismi della cultura di massa nelle sue espressioni più alte e significative della contemporaneità. Alessandro Portelli, che ha dedicato da sempre la sua attenzione ai fenomeni della storia orale oltre che a quelli della storia della cultura (e di quella popolare in particolare), si è cimentato in una ricostruzione a tutto campo di quello che sta dentro, dietro, intorno e prima di questa canzone, non senza essenziali sottolineature personali (secondo i suoi ricordi A hard rain è stata la prima canzone di Bob Dylan trasmessa alla radio in Italia, messa in onda proprio da Portelli).
La lettura del saggio di Portelli consente di ritrovare la storia del testo: un testo che affonda le sue radici nella modernità europea e che conosce infinite varianti (tra queste, una è testimoniata nella montagna comasca nella seconda metà dell’Ottocento) e che, proprio per questo, interseca gran parte della storia della musica popolare e del conseguente folk revival; è solo il caso di ricordare che la versione più “antica” della ballata (Lord Randall) è stata ripresa nella seconda metà del Novecento da Ewan McColl e dal London Critics Group, all’origine di un radicale rinnovamento della canzone popolare britannica, mentre l’elaborazione lombarda-comasca (Testamento dell’avvelenato) è stata diffusa da Sandra Mantovani e Roberto Leydi che, con il Nuovo Canzoniere Italiano prima e l’Almanacco popolare poi, hanno avuto simile funzione nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta.
Ma la canzone di Bob Dylan è, ovviamente, di più che la sua storia letteraria, e Portelli ne indaga non sono i valori poetici e metaforici, ma anche la sua fortuna e il suo uso, analizzando sia la produzione complessiva di Bob Dylan che un gran numero di canzoni di altri autori e autrici (per divertimento, si può fare un rapido ripasso della popular music – e di quella “impegnata” in particolare – semplicemente scorrendo l’indice degli album e dei brani citati), riuscendo a coniugare piani molto diversi e luoghi che vanno dall’India all’Italia Meridionale, dalla Scozia agli States, per finire con Terni. E l’impossibile dialogo a distanza, posto proprio come finale del libro, tra Bob Dylan e un operaio della ThyssenKrupp di Terni è un piccolo capolavoro di efficacia narrativa.

Fabio Cani